Don Tonino Bello: poeta della speranza

Aldo Anselmi, redazione

Don Tonino Bello è nato ad Alessano (Le) il 18 marzo 1935, da Maria Imperato sua madre, una donna semplice e di grande fede e, da Tommaso suo padre, un maresciallo di Carabinieri. È stato nominato vescovo il 10 Agosto 1982 da papa Giovanni Paolo II ed ebbe la carica nella diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. È morto 30 anni fa, il 20 Aprile 1993 a causa di una malattia, ma in realtà è sempre più presente nel cuore di tutti. Il suo motto è Audiant et laetentur che significa “Ascoltino (gli umili) e si rallegrino.”  Definisce la sua concezione di “Chiesa del Grembiule”, che sa rinunciare ai “segni del potere” per scegliere “il potere dei segni” ripartendo dal servizio soprattutto degli ultimi, dei deboli.

don Tonino Bello
foto: Wilkipedia

La sua genuina umanità, la sua voce poetica e profetica, il profumo delle sue virtù, continuano ancora ad attrarre tanta gente, a suscitare speranza e a provocare scelte coraggiose, coerenti con le beatitudini del Vangelo. Diceva sempre “chi non vive per servire, non serve per vivere”, questa non era una sua retorica, ma erano parole dettate dal cuore. Un Don straordinario, fuori dal comune e da ogni schema, che ha vissuto nell’umiltà, nella solidarietà, nel servizio e nella preghiera fino agli ultimi istanti della sua vita, per darci il buon esempio. È praticamente il nostro faro riuscendoci a tracciare la giusta traiettoria.

Tempo fa mi era capitato di ascoltare il famoso brano Dammi Signore un’ala di riserva, la iniziai a canticchiare, un giorno poi decisi di trovare il testo della canzone e di meditare ogni sua parola. Tutte piene di significato ma c’è una frase che mi colpisce e nello stesso tempo m’interroga e che forse sarà capitato anche ad altri: “Vivere non è trascinare la vita…, non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’unica ala impigliata”. Queste parole mi fanno da cassa di risonanza ogni volta che mi accosto ad una persona sfortunata e mi chiedo, cosa potrei fare io?

Insomma il suo modello di vita mi coinvolge a tal punto da avere le sue stesse passioni, coinvolgendomi nelle stesse scelte di campo dalla parte dei poveri, condividendo cioè gli stessi sogni. Pertanto, non basta ricordarlo ma bisogna trasformare il suo ricordo in propositi attivi e fecondi, dobbiamo essere anche noi promotori instancabili del dialogo e dell’incontro, coinvolgendo anche le future generazioni in relazioni inclusive e solidali, assumendo quindi lo stesso progetto e lo stesso impegno, amando la gente, i poveri soprattutto e Gesù Cristo.

 

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