Cooperante ruvese: “Ho conosciuto il console Attanasio: attento ai bambini abbandonati”

Sono passati circa 10 giorni dalla notizia della tragica uccisione nella regione Nord Kivu, dell’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere italiano che gli faceva da scorta e del loro autista congolese 

Attanasio
Foto liberamente tratta da: www.open.online/

“È stato uno dei diplomatici che mi ha colpito e sorpreso positivamente, in quanto molto attento alle questioni sociali ed in particolare alle problematiche vissute in Marocco dai bambini abbandonati e che vivono negli orfanotrofi”. È questa la testimonianza di D.C., cooperante ruvese in Marocco, che ha conosciuto personalmente l’ambasciatore Attanasio, ucciso in un attentato con il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo.

Le cause della morte sono legate ad un attacco condotto da dei miliziani armati che purtroppo agiscono in quella zona del mondo molto complicata, al confine con Rwanda e Uganda, dove ancora gruppi come quello che ha sferrato l’attacco ai tre uomini, si contendono il predominio.

Luca Attanasio era diventato Ambasciatore d’Italia in Congo a fine ottobre 2019, ma viveva sin da prima nel paese, ricoprendo un altro ruolo. Aveva 44 anni ed era originario di Saronno, in provincia di Varese. Tutti ne parlano come una persona brillante e impegnatissima nel sociale, sin dai tempi dei suoi studi. Nel corso della sua carriera diplomatica, era stato anche Console generale d’Italia in Marocco e proprio lì aveva conosciuto sua moglie Zakia dalla quale ha avuto 3 splendide bambine, la più grande di 5 anni e le piccole gemelline di 3 anni e mezzo.

Persona molto umana e sensibile e a dimostrarlo non é soltanto il fatto che si trovasse lì quel giorno, come membro di una missione delle Nazioni Unite ed in particolare del Programma Alimentare Mondiale, per portare aiuti alimentari alle popolazioni povere della zona. Ma lo dimostrano anche le riconoscenze ricevute in passato proprio per il suo spiccato senso della solidarietà, che andava ben oltre il suo ruolo di Ambasciatore e che lo rendeva un uomo molto speciale. Nel 2017 aveva fondato proprio in Congo l’associazione “Mama Sofia”, che opera nelle aree più difficili della Repubblica democratica del Congo, lavorando con bambini e giovani madri e realizzando moltissime iniziative a loro beneficio.

“Già in passato, quando tra il 2010 e il 2013 Attanasio era Console Generale d’Italia a Casablanca (Marocco) – prosegue la cooperante ruvese – si era distinto per il suo forte senso di sensibilità, altruismo e solidarietà. In lui ho sempre trovato un professionista che sapeva ascoltare, che comprendeva perfettamente i limiti delle legislazioni tanto locale quanto italiana per l’accoglienza dei bambini marocchini abbandonati ed era sempre disponibile e aperto allo scambio”.

Proprio per questo impegno importante nel sociale, lo scorso ottobre l’ambasciatore Attanasio era stato insignito del Premio Internazionale Nassiriya per la Pace 2020 che riconosceva “il suo impegno volto alla salvaguardia della pace tra i popoli” e “per aver contribuito alla realizzazione di importanti progetti umanitari distinguendosi per l’altruismo, la dedizione e lo spirito di servizio a sostegno delle persone in difficoltà”.

“Nel 2011 – ci dice ancora la nostra concittadina – durante un progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo e dalla Regione Emilia Romagna, grazie al quale avevamo costruito una panetteria per la formazione professionale dei giovani che vivevano in un grande orfanotrofio di Casablanca, ci onorò della sua presenza alla cerimonia di inaugurazione. Fu un pomeriggio indimenticabile per tutti e soprattutto per i ragazzi, che erano emozionati all’idea di poter stringere la mano e scambiare qualche parola con una persona così importante. Il bello di Luca – conclude la cooperante – era proprio questo: riusciva con grande naturalezza ad accorciare il divario sociale che poteva esserci tra lui e gli emarginati dal mondo e per questo chi – come me – ha avuto la fortuna di conoscerlo, non lo dimenticherà mai!”.

Silvia Turturo 1E, redazione

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