Una lettera che sa di guerra

di Matteo Paparella, 3C redazione

 

Questa è una lettera di un soldato alla propria famiglia. Il lavoro che ho fatto è stato quello di immedesimarmi e cercare di esprimere quello che avrebbe potuto provare un soldato in trincea.

Cara famiglia,

vi scrivo quando il sole si è svegliato dal suo sonno e finalmente ha illuminato tutta la trincea come una lampadina. Oramai, lo so, sono via da tanto, ma vi prometto che farò il possibile per tornare a casa presto. In tutto questo tempo vi ho sempre tenuti con me, al sicuro nel mio cuore.

In trincea è tutto diverso da come me lo immaginavo. L’atmosfera si intristisce giorno dopo giorno e a ogni sparo sento la vita che mi passa davanti. Qui in trincea non conviene farsi amici perché da un momento altro potresti vivere un altro lutto; più di quanti non ne avessi già vissuti.

Tutti noi siamo in silenzio, nessuno vuole rompere quella cupola di calma che si era creata stranamente intorno a noi perché sappiamo che durerà poco; al prossimo sparo quella atmosfera magica finirà. Tutto il giorno i generali si chiudono in una stanza e parlano, parlano, parlano quando là fuori continuano a morire persone. Siamo lì, come branchi di lupi che si azzannano a vicenda senza un motivo ben preciso.

In trincea sai solo che chi sta dall’altra parte è il nemico, basta! Non sai se ha una famiglia, se è un padre, se è una brava persona, non sai che lavoro fa, non sai se ha una sensibilità. Per noi è solo IL nemico.

La verità è che siamo tutti dei burattini, se si rompono si sostituiscono. Non abbiamo nessun valore. Ho visto tanti di noi, tanti ragazzi della mia età, che sono partiti per delle missioni e non sono più tornati. La verità è che la guerra non è un atto di coraggio, ma di stupidità. La verità è che nessuno dovrebbe morire, per nessuna ragione. Allora perché fare la guerra?

Tanto poi di noi nessuno se ne importerà, la vera storia di ciò che accade non è quella che raccontano i nazionalisti. La verità di ciò che accade è nei volti di ognuno di noi; volti logorati dalla guerra, e vi assicuro che questi volti sono meglio di qualsiasi parola.

Ora devo andare, e vi prego di continuarmi a scrivere. Non potete immaginare la mia gioia nel vedere le vostre lettere.

Cari abbracci e baci dal vostro Alexander!

 

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