Il sottosviluppo? Don Paolo Malerba: la luce in fondo al tunnel

di Aldo Anselmi, redazione.

Quest’anno a scuola abbiamo analizzato la situazione economica, geografica, sociale e culturale di molti Paesi del mondo. Ciò che è emerso è una grande disparità tra di essi. Purtroppo oggi il mondo è diviso in due grandi gruppi: i paesi del Nord del Mondo, ricchi e sviluppati, e invece quelli del Sud del Mondo, poveri e sottosviluppati.

Ciò è dovuto ad una scarsa industrializzazione quindi ad una carenza di infrastrutture come strade, ferrovie e mezzi di comunicazione e strutture sociali quali banche, scuole, ospedali, necessarie per garantire un maggiore sviluppo.

A causa della mancanza di scuole, ad esempio, in questi Paesi sono diffusi l’analfabetismo e l’arretratezza culturale, fattori che ostacolano notevolmente un possibile miglioramento da un punto di vista sociale, economico e politico, come anche la posizione geografica.

Per gli Stati dell’Africa, in particolare, le cause sono di tipo storico perché con la colonizzazione, sono stati sfruttati, hanno vissuto nell’ignoranza e mal governati e i conflitti interni che provocano povertà e carestie e quindi la fame con una conseguente ed elevata mortalità infantile.

Ho potuto constatare quasi dal vivo questa cruda realtà grazie alle testimonianze del mio viceparroco don Paolo Malerba, sacerdote della diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo, Terlizzi che ha operato come Fidei donum presso la diocesi di Marsabit, in Kenya.

Mi ha raccontato e fatto visionare filmati di una popolazione composta prevalentemente da pastori nomadi che praticano un’agricoltura di sussistenza (fagioli, grano, frutta), il clima è eccessivamente arido, si spera sempre che piova. Anche il rapporto medico-paziente è di 1 a 50.000 circa.

In un contesto come questo caratterizzato da uno sviluppo molto lento e da continui conflitti tribali, la sua missione, egregiamente svolta a mio parere, è stata ed è determinante per avviare un approccio di evangelizzazione volto ad insegnare, a vivere una vita di pace spronandoli a camminare sotto la protezione di una fede comune, in quanto la presenza di diverse etnie è un problema reale e serio.

Una sua frase mi ha colpito particolarmente: “Bisogna sempre seminare anche quando sembra che possa essere una pazzia”. È un messaggio di speranza e credo che se ognuno di noi si fermasse a riflettere su questo pensiero, forse questa dura realtà, a poco a poco si attenuerebbe proprio come un deserto che risorge se c’è cura e responsabilità da parte degli agricoltori e delle persone che ci credono.

Io penso che se questo messaggio giungesse ai “grandi della Terra” potrebbero far in modo di aiutare quella gente a produrre, a costruire pozzi per la raccolta dell’acqua, ecc…e forse si ridurrebbe il numero di migranti disperati disposti a rischiare la vita per raggiungere un paese dove sperano di vivere dignitosamente.

Nel nostro piccolo tutti quanti potremmo fare qualcosa di concreto per aiutare queste persone, ad esempio acquistando prodotti del commercio equo e solidale e boicottando invece le merci delle aziende che si arricchiscono sfruttando le risorse e la manodopera di questi paesi poveri.

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