Barile Angela, 3A redazione
Cunicoli stretti, armi che non si sapevano usare, malattie e la morte dietro l’angolo: l’unico svago era scrivere a casa
Era questa la situazione in cui soldati della Grande Guerra erano costretti a vivere. Combattevano e morivano in lunghi cunicoli scavati nella roccia o nel terreno, profondi circa due metri: le trincee.
Lo spazio a disposizione dei soldati era molto limitato e in quello spazio dovevano mangiare, dormire e prepararsi a ogni minimo segnale del nemico. Ovviamente anche le condizioni igieniche erano precarie, infatti questi “corridoi sotterranei” erano ambienti malsani: fango, sporcizia, topi e parassiti tormentavano i soldati e provocavano numerose malattie.
In questi casi la scrittura era un mezzo potente per far distrarre gli uomini da quello che li circondava, facendo ricordare loro i momenti spensierati trascorsi con le loro famiglie. Ecco una corrispondenza dal fronte appartenuta ad un soldato ruvese:
“Caro papà,
Ho ricevuto la vostra lettera nella quale, fra le alternative di angoscia e di fierezza mi dite: “Se tu fossi qui, staremmo certamente meglio”. Sono d’accordo con voi, ma in questi momenti il mio posto è qui e non altrove.
Questa guerra è la prova suprema dell’Italia e degli Italiani e tutti hanno il dovere di contribuire a che la lotta impegnata sia sempre più gagliarda e possente. Essa significa per noi la nostra forza morale, materiale ed intellettuale. Se sapremo perdurare con costanza ed amore, i vantaggi saranno immancabili. Io non mi illudo se dalla prova del fuoco uscirò salvo, con novanta probabilità su cento sarò di quelli sacrificati durante e dopo la guerra, però i vantaggi non vanno meschinamente considerati per sé stessi, ma per le intere generazioni future. Chi manca in questi momenti ai suoi doveri è gravemente colpevole: fa e farà sempre la triste figura del fungo il quale, senza clorofilla e radici attive, vive a spese delle energie del lavoro delle altre piante. Termino per varie ragioni, ma se avessi tempo e carta, assai meglio svilupperei la mia tesi. Godo ottima salute.
Vi bacio con tutti di casa
Vostro affezionatissimo figlio Gino
Luigi Carrante, tenente nato a Ruvo di Puglia il 23 agosto 1893 e morto a Valle Doblar il 29 settembre 1918.
Credo che la guerra sia totalmente sbagliata: tanto sangue versato da vittime innocenti e terrore, senza ottenere risultati. La cosa che più mi fa rabbrividire è che ancora oggi molti uomini la ritengono uno strumento per poter risolvere i conflitti, quando la soluzione migliore si troverebbe nel dialogo.
La storia dovrebbe insegnare a non commettere gli errori del passato, invece avviene l’esatto opposto.