La scuola è finita e la didattica a distanza è servita!

È cambiato tutto, dagli orari alle modalità di lavoro, dal rapporto con gli alunni, i compagni di classe e i docenti alla preparazione delle lezioni. Soprattutto è stato necessario ripensare la didattica, di fronte a una situazione inedita e straordinaria come quella che abbiamo vissuto non si può rispondere con misure ordinarie. Non è facile ripensare il proprio modo di lavorare e pertanto si è proceduto per tentativi ed errori. Tra la disposizione di chiusura delle scuole e l’attivazione della didattica a distanza sono passati pochi giorni. Subito ci siamo organizzati per avviare la didattica a distanza e, utilizzando una piattaforma che permette di creare una vera e propria classe virtuale, abbiamo continuato a vedere i nostri compagni e insegnanti, tutte le mattine, rispettando l’orario che avevamo durante il normale svolgimento delle lezioni. Il contatto è mantenuto, così come la complicità, la voglia di scherzare insieme e molte delle dinamiche tipiche dell’ambiente classe e in questo è fondamentale la collaborazione e la motivazione di noi alunni. Certo, vedersi tutte le mattine a scuola è tutta un’altra storia! Il cambiamento più evidente è la totale scomparsa di ogni supporto fisico, materiale. Direi che sono scomparsi, prima di tutto, i fogli, le penne, i quaderni, gli astucci. È stato tutto sostituito da una riproduzione di questi in formato digitale. Una parte fondamentale del lavoro dei docenti era quella dei rapporti umani, di fiducia, di aiuto e soprattutto di vicinanza agli studenti più fragili è messa in crisi dalla didattica a distanza. La situazione era ovviamente migliore se si conosceva la classe e quindi si era creato un legame con tutti gli studenti e una collaborazione con le famiglie. Questa didattica è una grande prova per tutti e senza il supporto delle famiglie risulterebbe impossibile affrontarla. La scuola, come la sanità, la politica e la società, non era pronta, in nessun senso; non poteva d’altronde esserlo e non potrà in un certo senso mai esserlo, la didattica è fondata sulla relazione e questa non può essere coltivata a distanza se non in forma superficiale. Non credo che nessuna scuola fosse preparata a gestire una situazione che risultava essere, fino a non più di quattro mesi fa, impensabile. Mi ha stupito la velocità con cui la scuola in cui lavoro si è riadattata alla nuova situazione utilizzando i mezzi digitali di cui disponeva. La difficoltà iniziale nell’abituarsi ad una didattica completamente digitale era complessa, ma siamo entrati a regime in poco tempo. Il rapporto tra ragazzi e docenti è rimasto immutato. Certo, sarebbe stato peggio se il lockdown ci avesse colto a inizio anno scolastico, quando ancora la relazione con le classi non si era instaurata. Per questo sarebbe ancora più pernicioso se lo scenario dovesse ripetersi a settembre. La principale difficoltà dei professori consiste nel dialogare con i ragazzi, nel suscitare il loro interesse e la loro partecipazione. Il rapporto con i ragazzi è passato attraverso canali nuovi, infatti in un mondo in cui amicizie e relazioni, sopravvivono a distanza, lo ha realizzato la condivisione del sapere e la motivazione per imparare insieme. Il tempo scuola non è più così distinto dal tempo privato. Penso che questi stravolgimenti abbiano degli aspetti negativi ma anche positivi. Certo, alcuni spazi dovranno essere riconquistati, sia da parte degli insegnanti, sia degli alunni. Sono curiosa di sapere come quest’esperienza cambierà i nostri rapporti al ritorno a scuola. Secondo me la didattica a distanza è stata sottovalutata e non si è colto a pieno il potenziale. Questa necessità presente non è stata considerata un’opportunità ma una sorta di ripiego. La reputo infatti una sfida necessaria, credo che la scuola tornerà alla normalità in maniera graduale, perchè l’esperienza della didattica a distanza ci ha in qualche modo segnato. Certamente ci potrebbe essere un maggiore impulso all’utilizzo di tecnologie e dunque di metodologie innovative. Di sicuro insegnanti, noi alunni e genitori saranno tutti più avvezzi alla tecnologia. Qualunque prospettiva si realizzi, tireremo tutti un sospiro di sollievo quando rientreremo in classe. Mi piacerebbe che questa possa diventare l’occasione per una riconversione, potremmo vivere con rigetto l’abuso del mezzo informatico e riscoprire la bellezza della relazione personale, dell’uso e del valore dei materiali. Quando ci rivedremo mi auguro che a settembre, ci saremo comportati per mesi come se fossimo stati a scuola. Il mio desiderio è che quando torneremo avremmo la lucidità di riconoscere il senso più autentico di fare scuola, spero che riusciremo a resistere alla tentazione di riprendere in fretta le vecchie abitudini e, invece, saremo capaci di tentare strade nuove.  La scuola non si fermerà perché è un bene essenziale, quanto vale stare con gli altri, conoscere nuove cose, imparare ad essere dei cittadini, condividere, ascoltare le parole di un insegnante che ci ispira, sentire la campanella dell’intervallo, andare in palestra, uscire in giardino, realizzare lavori di gruppo, andare in gita. La scuola resiste, perché in fondo alla sopravvivenza è abituata.

#LASCUOLAE’FINITAMASIRIPARTEASETTEMBRE

Flavia Bove, 1F

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