Cara Jinya, vorrei farti compagnia…

di Elisabetta De Palo, 3E redazione

profughi in fuga

Cara Jinya Cdair,
qualche giorno fa ho ricevuto la tua lettera sugli aggiornamenti di quello che sta avvenendo.
Sono rimasta molto colpita. Mi dispiace tanto. Volevo scriverti per farti compagnia e farti sapere che per qualunque cosa io ci sono. Sono al tuo fianco e non ho nessuna intenzione di abbandonarti o lasciarti sola.
Come ben sai, il mio pensiero è che il modo migliore per affrontare un qualsiasi pericolo o una difficoltà è non abbattersi, restare forti e coraggiosi. Secondo me, anche se a volte non si riesce nell’intento, questa cosa ci può fare sentire meglio dentro, sapendo che non ci siamo arresi e abbiamo combattuto.
Quello che sta accadendo lì in Ucraina è una cosa veramente terribile: bambini, adulti senza una famiglia, senza una casa, senza acqua e cibo. Penso soprattutto a quei bambini che non hanno avuto la possibilità di poter avere una vita serena. Bambini piccoli che si spostano senza una meta, ma con un solo obiettivo: allontanarsi dall’Ucraina e dalla Russia. Bambini morti. Adulti morti. Persone che non sono riuscite ancora a realizzare i loro sogni. Delle vite distrutte.
È una guerra inutile, a parer mio. Non riesco proprio a comprendere il gusto che ci trovano nel distruggere delle vite. Non capisco come faranno a guardare negli occhi la propria famiglia, la propria moglie, i propri figli e i propri genitori sapendo di non aver fatto nulla per impedire che tutto ciò accadesse. Non capisco come faranno ad abbracciarli con le mani di un assassino. Al loro posto io non tornerei mai più a casa
perché non riuscirei a sopravvivere con la coscienza sporca. Non ce la farei…
Ci vediamo il prima possibile
Elisabetta

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